Tokyo…senza pugili, ma con le pugilesse

ago 4th, 2021 | By | Category: Primo piano
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Recentemente l’Associazione CIVITAVECCHIA C’E’ ha organizzato un piacevole pomeriggio sportivo, trasmettendo nei suoi locali un interessante filmato sulla vita e la carriera del pugile –Michael Magnesi – attualmente l’unico italiano a detenere un titolo mondiale, precisamente nella categoria dei super piuma.
Tale appuntamento, allietato alla fine da un gradito rinfresco, se da un lato offriva il pretesto al ricordo delle antiche vestigia civitavecchiesi in questo sport, dava altresì modo di pensare alla situazione della nostra boxe nazionale; infatti dopo un secolo preciso (era il 1920) dalla prima presenza l’Italia non avrà nessun pugile alle prossime olimpiadi; per la verità è più esatto dire che non avrà nessun pugile maschio perché, alla loro storica assenza, contemporaneamente abbiamo raggiunto un risultato eccezionale per difendere i nostri colori sul ring a Tokyo, saranno quattro ragazze: Giordana Sorrentino, Angela Carini, Irma Testa, Rebecca Nicoli.
Ma come mai, dopo 100 anni e tante medaglie vinte, non abbiamo almeno un pugile a Tokyo?
I motivi di questa “debacle” ho cercato di identificarli in una chiacchierata con Emiliano Marsili, di cui certo non serve offrire il biglietto da visita, tanta conosciuta la sua fama e il suo valore.
Emiliano, coerente con il suo carattere schietto ed aperto, non ha avuto remore ad individuare il primo responsabile di quanto accaduto: la Federazione Pugilato o, per meglio dire, la linea tecnico sportiva portata avanti negli ultimi anni.
Se a Tokyo non avremo pugili le cause sono da individuare solo in questo.
“Normalmente – ci spiega Marsili – un percorso pugilistico dilettantistico si snoda attraverso il raggiungimento del titolo italiano, la partecipazione, magari vincendo, ad un certo numero di tornei internazionali che preparino alle qualificazioni olimpiche, un percorso quindi che dovrebbe essere ben delineato e programmato proprio sull’obiettivo olimpiadi. Dopodiché c’è il passaggio, per chi dimostra di avere le doti giuste, al professionismo.
Nell’ultimo periodo – prosegue Emiliano- durante il quale il pugile completa la sua preparazione per l’Olimpiade, già bisognerebbe iniziare a lavorare sui nuovi giovani, sul ricambio, in maniera che nel quadriennio successivo i candidati all’Olimpiade possano avere modo di completarsi, fare esperienza ed essere in grado di superare le qualificazioni che, voglio precisare, sono qualificazioni al pari di altri sport, come accade nel calcio per esempio”.
Emiliano Marsili fa una sosta eloquente, a sottolineare ”Chiaro quello che voglio dire?” Senza dubbio Emiliano, ho capito perfettamente, questo non avviene.
“Non avviene, si continua a puntare sui quei pugili che hanno partecipato all’ultima Olimpiade, nella speranza che possano ripetere i loro successi, li si fanno restare dilettanti (che tra l’altro a questi conviene pure, come vedremo tra poco) ma poi, quando si avvicinano i nuovi giochi, i nostri “ veterani “ non sono in grado di affrontare ragazzi più giovani e più preparati. Nel contempo non si è lavorato sul ricambio generazionale come si doveva e quindi le nuove leve non sono pronte per la competitività internazionale ed ecco qui che mentre i “vecchi” non tengono il confronto e contemporaneamente quelli nuovi non sono sufficientemente pronti e preparati per superare le qualificazioni, che non sono certo uno scherzo.
Insomma, ai dilettanti promettenti non viene dato modo di emergere. Non si possono fare tre olimpiadi con le stesse persone. Arriva il momento, come è arrivato, che non hai più pugili da mandare alle Olimpiadi”.
Emiliano sei stato chiarissimo.
Eppure dati alla mano, il materiale umano sul quale poter lavorare, effettuare una programmazione non mancherebbe: le palestre affiliate che nel 2004 erano 425, ora sono arrivate a 970.
A determinare questa situazione concorre altresì un altro elemento, quello al quale accennavo prima della convenienza, cioè a restare dilettanti, i più forti, tra questi quelli che hanno avuto modo di mettersi in mostra, entrano a far parte dei gruppi sportivi delle varie forze militari, dove svolgono una carriera ricevendo regolare retribuzione, alla quale vanno aggiunti i bonus in caso di vittoria; quindi non hanno nessun interesse di passare al professionismo,(ingolfando così il settore dilettantistico) in quanto essere professionisti non è più quella fonte di guadagno che era una volta”. Per guadagnare qualcosa- aggiunge Emiliano- bisogna vincere dall’Europeo in su; per un titolo italiano si ricevono 5.000 euro, per non parlare poi delle spese necessarie per organizzare un incontro, cosa questa che sta sempre più ricadendo sulle spalle del pugile. Ma anche un titolo europeo non è che porti quel grosso guadagno che la gente può immaginare, si può arrivare a 25.000 euro, non certo netti. Prova ne sia che io pur essendo Campione Europeo e Campione del Mondo, devo lavorare“.
Sulla stessa linea anche Alessandro Cherchi, uno degli organizzatori di punta: ”La Federazione per vent’anni ha puntato solo sul dilettantismo, mentre per il professionismo c’erano solo tasse. Di fatto non si permetteva il ricambio dopo un ciclo olimpico, mortificando sogni ed aspirazioni di tanti ragazzi che trovavano la strada chiusa sempre dagli stessi. Eppure ci sono stati pugili che hanno dimostrato di fare grandi cose anche una volta passati professionisti”.
Non posso congedarmi da Marsili senza avergli chiesto un parere sulle quattro ragazze che saliranno sul ring. ”Sono molto dotate, ed il fatto che partecipano ai giochi lo dimostra. Inoltre credo, conoscendola, che Irma Testa, abbia buone possibilità di arrivare molto avanti, per scaramanzia non dico dove”.
Grazie Emiliano, a presto per un’altra chiacchierata sulla boxe.

Stefano Cervarelli

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