Santa Marinella 2 Settembre 2014  

Attraversare il mare tra il

castello di Santa Marinella

ed il castello di Santa Severa

può significare tendere

la corda di un arco di costa.

Dal castello Odescalchi, eretto sulla romana Punicum, di cui ancora affiorano brani di opus reticolatum – con i suoi giardini segreti ed il traffico di imbarcazioni a vela del porticciolo, oggi come ai tempi degli etruschi – alla rocca di Santa Severa, pietra angolare del complesso di Pyrgi, punto nodale del territorio, abitata ininterrottamente dalla preistoria;
qui c’era una città portuale che trafficava con le altre sponde del mediterraneo a servizio della potenza di Cerveteri prima, e poi di Roma, con l’area sacra nella quale sono state trovate le celebri lamine d’oro; qui – è stato appena scoperto – fu martirizzata la santa da cui ha preso il nome il luogo, per secoli dimenticata e ritenuta una leggenda.
Le spiagge nere, miracolosamente integre, collegano questi luoghi all’oasi naturalistica di Macchiatonda.
La corda ideale è tesa sul mare, pochi metri sopra i relitti di secoli di navigazione e gli edifici finiti sott’acqua: imbarcazioni, anfore, mosaici, strutture portuali e peschiere.
Lungo la costa, contesa tra le costruzioni del secolo scorso, sono ancora visibili i resti delle ville romane delle Grottacce; subito dietro, la stele ed i ponti della strada consolare Aurelia, orfani del tracciato originario – spostato nei secoli di pochi metri – e dei torrenti che una volta superavano.
Oltre l’arco i monti della Tolfa – macchia mediterranea e pascolo brado – disseminati di tracce di frequentazioni antiche di agricoltori, allevatori e cavatori di minerali, su cui svetta- come punta della freccia – il monte della Tolfaccia con i resti dell’insediamento medievale da cui, salendoci, si abbraccerebbe con lo sguardo l’intero tratto di costa ed il mare all’orizzonte.
Santa Severa, 11 giugno 2014
David Pennesi architetto

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